Archive for novembre, 2012

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L’eBook gratuito di #PortoMarghera, storia di ieri che fa riflettere oggi

5 anni fa, Claudio Calia ci ha raccontato la vicenda del Petrolchimico di Porto Marghera. Lo ha fatto come piace a lui: sporcandosi le mani, raccogliendo testimonianze, dati e informazioni spesso difficili da tenere insieme e contestualizzare. Informazione concepita come bene comune, che insieme al fumetto prova ad offrire alla comunità di lettori uno strumento in più per capire, conoscere, cambiare.
Parliamo di “Citizen Journalism“, atteggiamento che Claudio ha voluto tenere anche per la realizzazione di “Dossier TAV“, ultimo suo progetto editoriale, in uscita oggi in tutte le librerie italiane.

“Porto Marghera – la legge non è uguale per tutti“, premio come miglior fumetto al Treviso Comic Book Festival nel 2007, non venne rilasciato allora con licenza Creative Commons come ormai facciamo da qualche anno per tutti i nostri libri. Un ostacolo alla diffusione delle idee e delle informazioni che andiamo oggi a colmare, rendendo disponibile l’eBook al prezzo simbolico di una condivisione (Facebook o Twitter).

Lo facciamo mentre le notizie che arrivano sull’Ilva di Taranto sembrano avere più di qualcosa in comune con Porto Marghera (e con troppe altre vicende, oramai). Comprendere il nostro passato per evitare di commettere gli stessi errori e costruire un futuro migliore è cosa buona e giusta. Senza mai abbassare la guardia.

Scaricatelo da qui:

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SNAPSHOTS OF A GIRL /7 BY BELDAN SEZEN

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Ancora ciao, BecchiGialli,
è da un po’ che non ci si sente! Come state? Com’è la vita in Italia un anno dopo Berlusconi?

Recentemente sono stata a Istanbul, per parlare con mia zia a dieci anni dal mio coming out con lei. Con l’età è diventata sempre più religiosa, collezionando ormai tre pellegrinaggi a La Mecca. Mi ricordo quanto ero nervosa nel momento di rivelarle che il mio amore è per le donne, e che quindi non sarei mai stata parte di quel fortissimo concetto di matrimonio e famiglia che lei rappresenta con tanta eloquenza e determinazione. Ma ancora una volta, come allora, mia zia ha detto che Allah ha creato anche me e quelli come me, e che la società turca dovrebbe accettare l’esistenza dei gay. Dopotutto per un certo periodo ha vissuto vicino a Zeki Müren, quindi “sa bene certe cose”. E io ho sorriso, ricordando anche il sollievo di quella prima conversazione.

Mi ricordo di Zeki Müren in TV, quando ero piccola. Di come entrasse sul palco con tacchi alti e abiti in stile esageratamente anni Settanta. Lui, uno dei più amati e rispettati rappresentanti della musica tradizionale turca, perfetto esempio di pronuncia perfetta della nostra lingua, è stato censurato numerose volte dalla televisione nazionale (TRT) per le sue scelte a livello di vestiario. Mio zio, che lavorava per la TRT (unico canale disponibile all’epoca), spesso a cena ci raccontava delle storie su di lui, e le risposte andavano dal “Cosa ci puoi fare, è fatto così” allo “Sta proprio esagerando”, frasi pronunciate rispettivamente con compassione e con un pizzico di fastidio. Il fatto che fosse gay non era un gran problema. Il fatto che non rispettasse i canoni comuni della società sì.

L’autunno ormai è arrivato con il suo tempo piovoso e tempestoso. Statemi bene, ci rileggiamo il mese prossimo!

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#Comicsagainstbombs. Beirut Comics Festival, il nostro diario (1/2)

Sabato 19 ottobre, ore 14.30, Sassine Square, quartiere di Achrafiye, Beirut Est.
Un’autobomba esplode in mezzo alla strada, a pochi metri da uno Starbucks e da un grande centro commerciale. I morti sono otto, incluso il capo del servizio d’intelligence della polizia libanese, il generale Wissam al Hasan, probabile bersaglio dell’attacco. I feriti sono quasi cento.

Alla stessa ora atterriamo all’aereoporto Rafic Hariri di Beirut. Siamo stati invitati al Beirut Comics Festival che si tiene il giorno dopo, sabato 20 ottobre, al Palazzo Unesco. Nel taxi che ci accompagna all’hotel non sappiamo ancora nulla dell’attentato, notiamo il traffico meno caotico rispetto al ricordo di due anni prima, notiamo molte auto militari, qualche posto di blocco, alcune serrande che si abbassano, ma è solo nella stanza dell’hotel che il notiziario internazionale della BBC ci informa dell’esplosione di Sassine Square.

Proprio a Sassine Square avevamo appuntamento la mattina dopo, qualche ora prima dell’inaugurazione del Festival, con i responsabili della Samir Kassir Foundation, un’associazione che difende la libertà di stampa dei giornalisti arabi.
L’attentato costringe la città al lutto, la maggior parte delle strade è ridotta al silenzio interrotto solo dai colpi di fucile sparati in aria per la rabbia, in cielo salgono i fumi dei copertoni che bruciano per protesta in numerosi quartieri.

Sabato mattina il Beirut Comics Festival sembra destinato alla precoce chiusura, la sede prevista si trova in un quartiere isolato dal blocco delle strade, muoversi dentro Beirut è molto complicato, muoversi verso Beirut è quasi impossibile, oltre che sconsigliato.
Accade però che la pagina Facebook del Festival riceva diversi messaggi dispiaciuti, il rammarico di un ragazzo che prova a fare il disegnatore di fumetti professionista in Libano, la delusione di una ragazza che sperava di incontrare l’ospite internazionale Aleksander Zograf, il malumore dei ragazzi della scuola di fumetto Jalla Comics! che avevano preparato i portfolio con i disegni da far valutare. I loro messaggi, le loro email, sorvolano la tensione politica e sociale del momento atterrando nella hall dell’albergo dove noi ospiti attendiamo istruzioni. Il Cosv, la Ong italiana promotrice dell’evento, decide che è giusto rinunciare al concerto inaugurale e alla festosità della manifestazione per rispetto del lutto cittadino, ma che non è giusto voltare del tutto le spalle ai sogni di questi ragazzi a causa delle irresponsabilità degli adulti. La decisione viene presa, il Beirut Comics Festival si farà comunque, solo in forma ridotta. Basterà un luogo abbastanza spazioso e accessibile al pubblico.

Così ci ritroviamo in una libreria-caffè del quartiere di Hamra, senza concerto inaugurale, senza autorità politiche presenti né partner commerciali, senza le mostre, le rivendite di albi di fumetti, gli stand con le magliette e i gadget, senza l’angolo dei manga. Ma con Aleksander Zograf seduto davanti al lungo tavolo di legno di una piccola stanza assieme al disegnatore marocchino Shennawi e al tunisino Othmann Selmi. Con l’artista portoghese Rita Braga, l’italiano Gigi Simeoni, con BeccoGiallo e le edizioni Il Castoro. Con la rivista Popoli, con il tuttologo di fumetto Andrea Plazzi e con Paolo, Annalisa e Chiara del Cosv. Ma soprattutto con una ventina di giovani disegnatori libanesi, palestinesi, siriani, e la loro folle e un po’ cocciuta voglia di andare oltre l’attentato di Sassine Square e fare un piccolo passo avanti verso il loro sogno di disegnare fumetti.