#Comicsagainstbombs. Beirut Comics Festival, il nostro diario (1/2)

Sabato 19 ottobre, ore 14.30, Sassine Square, quartiere di Achrafiye, Beirut Est.
Un’autobomba esplode in mezzo alla strada, a pochi metri da uno Starbucks e da un grande centro commerciale. I morti sono otto, incluso il capo del servizio d’intelligence della polizia libanese, il generale Wissam al Hasan, probabile bersaglio dell’attacco. I feriti sono quasi cento.

Alla stessa ora atterriamo all’aereoporto Rafic Hariri di Beirut. Siamo stati invitati al Beirut Comics Festival che si tiene il giorno dopo, sabato 20 ottobre, al Palazzo Unesco. Nel taxi che ci accompagna all’hotel non sappiamo ancora nulla dell’attentato, notiamo il traffico meno caotico rispetto al ricordo di due anni prima, notiamo molte auto militari, qualche posto di blocco, alcune serrande che si abbassano, ma è solo nella stanza dell’hotel che il notiziario internazionale della BBC ci informa dell’esplosione di Sassine Square.

Proprio a Sassine Square avevamo appuntamento la mattina dopo, qualche ora prima dell’inaugurazione del Festival, con i responsabili della Samir Kassir Foundation, un’associazione che difende la libertà di stampa dei giornalisti arabi.
L’attentato costringe la città al lutto, la maggior parte delle strade è ridotta al silenzio interrotto solo dai colpi di fucile sparati in aria per la rabbia, in cielo salgono i fumi dei copertoni che bruciano per protesta in numerosi quartieri.

Sabato mattina il Beirut Comics Festival sembra destinato alla precoce chiusura, la sede prevista si trova in un quartiere isolato dal blocco delle strade, muoversi dentro Beirut è molto complicato, muoversi verso Beirut è quasi impossibile, oltre che sconsigliato.
Accade però che la pagina Facebook del Festival riceva diversi messaggi dispiaciuti, il rammarico di un ragazzo che prova a fare il disegnatore di fumetti professionista in Libano, la delusione di una ragazza che sperava di incontrare l’ospite internazionale Aleksander Zograf, il malumore dei ragazzi della scuola di fumetto Jalla Comics! che avevano preparato i portfolio con i disegni da far valutare. I loro messaggi, le loro email, sorvolano la tensione politica e sociale del momento atterrando nella hall dell’albergo dove noi ospiti attendiamo istruzioni. Il Cosv, la Ong italiana promotrice dell’evento, decide che è giusto rinunciare al concerto inaugurale e alla festosità della manifestazione per rispetto del lutto cittadino, ma che non è giusto voltare del tutto le spalle ai sogni di questi ragazzi a causa delle irresponsabilità degli adulti. La decisione viene presa, il Beirut Comics Festival si farà comunque, solo in forma ridotta. Basterà un luogo abbastanza spazioso e accessibile al pubblico.

Così ci ritroviamo in una libreria-caffè del quartiere di Hamra, senza concerto inaugurale, senza autorità politiche presenti né partner commerciali, senza le mostre, le rivendite di albi di fumetti, gli stand con le magliette e i gadget, senza l’angolo dei manga. Ma con Aleksander Zograf seduto davanti al lungo tavolo di legno di una piccola stanza assieme al disegnatore marocchino Shennawi e al tunisino Othmann Selmi. Con l’artista portoghese Rita Braga, l’italiano Gigi Simeoni, con BeccoGiallo e le edizioni Il Castoro. Con la rivista Popoli, con il tuttologo di fumetto Andrea Plazzi e con Paolo, Annalisa e Chiara del Cosv. Ma soprattutto con una ventina di giovani disegnatori libanesi, palestinesi, siriani, e la loro folle e un po’ cocciuta voglia di andare oltre l’attentato di Sassine Square e fare un piccolo passo avanti verso il loro sogno di disegnare fumetti.

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2 thoughts on “#Comicsagainstbombs. Beirut Comics Festival, il nostro diario (1/2)

  1. Pingback: Beirut Comics Festival « Rita Braga
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