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Amsterdam in maggio è stata come Amsterdam in aprile, marzo e anche febbraio. Piovosa e ventosa, fredda. Gli occasionali raggi di sole sono salutati da tutti con corse a riempire terrazze, strade e parchi. Fino alla prossima nuvola.
Lo stesso giorno in cui il gabinetto olandese è caduto, la compagna di una mia amica è morta. Due eventi che non potevo prevedere. Uno mi ha messo di fronte alla mia stessa moralità, e all’irrevocabilità della morte. L’altro mi ha dato una vaga speranza riguardo il poter finalmente superare quel regno di arroganza che sta distruggendo le arti, la cultura, l’educazione, la vita degli immigrati e di chiunque cerchi di vivere una vita mosso da valori diversi dall’avidità e dall’egoismo. In meno di due anni la propaganda della destra olandese è riuscita a trasformare la parola “artista” in un insulto. Ora una persona può essere bollata con disprezzo come “artista” perché se ne gira in bicicletta cantando. Vecchie strutture e valori sono stati capovolti: il tempo ci dirà se era davvero per il meglio o no.

Di recente ho iniziato a lavorare al primo capitolo del mio libro, per il quale ho deciso di usare uno storytelling a temi, prima di iniziare col vero racconto momento per momento, sul quale tornerò più avanti. Volevo impostare da subito un certo mood, per cui ho cercato di ricordarmi com’era avere 18 anni. Nel momento in cui la penna ha toccato il foglio bianco, nel tentativo di fissare le deboli sensazioni che stavano riaffiorando, ho provato a immaginare di aprire una porta… ed eccoli, gli amici che ho perso di vista da tempo, i demoni!
Come quei parenti che non ci tenete a vedere, ma che si infilano in casa non appena aprite la porta e si mettono belli comodi. Sono stati fuori troppo tempo ad aspettare, determinati a non andarsene nonostante i miei timidi tentativi di fargli capire che non era il caso di fermarsi. Ora, una volta che sono entrati, mi ritrovo a correre in giro cercando di contenere rabbia inespressa, melanconia romantica e dolorosi rimpianti che si sono tolti le scarpe, si sono accomodati e hanno iniziato a chiacchierare ad alta voce. Tutti, a loro modo, lentamente ma inesorabilmente, mi sono entrati dentro, finché non mi sono trovata tra le braccia del quarto amico (e questo quando è arrivato?), la solitudine.

E pensare che volevo solo mettermi a scrivere, felicemente, voracemente. Sì, ho proprio dimenticato la prima lezione di “How to survive writing a GRAPHIC NOVEL” di Grady klein: “dimentica i tuoi demoni, e se non puoi unisciti a loro.” E, cosa più importante, la lezione 5: “non mollare!”
Quindi al posto di continuare ad essere infastidita per la loro presenza ho preparato dell’altro caffè, mi sono seduta e li ho ascoltati. E arrivati all’ultima goccia delle tazzine li ho salutati.