In seguito alla condanna all’ergastolo per Carlo Maria Moggi e Maurizio Tramonte dopo 41 anni dalla strage di Piazza della Loggia, abbiamo chiesto a Francesco Barilli, autore insieme a Matteo Fenoglio dei nostri libri Piazza Fontana, Piazza della Loggia Vol. 1 – Non è di maggio e Piazza della Loggia Vol. 2 – In nome del popolo italiano, un commento sulla sentenza.
Perché la condanna di Maggi e Tramonte è così importante?
Nelle stragi di quegli anni le responsabilità dell’estremismo “nero” (a cominciare da ordine nuovo) sono acclarate già da un po’, sia storicamente che processualmente. Già in passato alcune sentenze, frettolosamente “vendute” come assoluzioni, in realtà riconoscevano le responsabilità di ON, seppure senza arrivare a condanne personali. E, chiaramente, qui mi riferisco a Piazza Fontana, che non è solo “la madre di tutte le stragi”, ma anche esempio significativo di questa lettura miope delle sentenze che si ferma al solo dispositivo. Quasi che la complessità di quei fatti la si possa risolvere con un semplice “Tizio è colpevole e Caio è innocente”, come in una partita di Cluedo…
Il punto è che la condanna di ieri è importante anche dal punto di vista simbolico: Carlo Maria Maggi rappresenta il vertice decisionale di ON, Maurizio Tramonte era la “fonte Tritone” del Sid. Insomma, finalmente si va oltre la bassa manovalanza della strage, arrivando ai vertici decisionali e alle ambigue connessioni fra i servizi segreti e l’eversione neofascista.
Dunque la sentenza stabilisce per la prima volta la responsabilità dei neofascisti e dei servizi…
Ad onor del vero, già la sentenza di appello del 14 aprile 2012, a differenza di quella di primo grado, aveva affermato la responsabilità di Ordine Nuovo, o perlomeno di schegge residue di quel gruppo sciolto ufficialmente il 23 novembre 1973 dal ministro degli Interni Taviani: tale sentenza, infatti, conteneva pesanti considerazioni verso soggetti ormai defunti (e quindi non condannabili): innanzitutto l’esperto di armi ed esplosivi Carlo Digilio e l’altro ordinovista veneto Marcello Soffiati. Ma quella sentenza era illogica proprio nel ritenere che Digilio, l’artificiere della bomba, avesse fatto tutto a insaputa di Maggi (come detto indiscusso leader di Ordine nuovo nel Nordest). E la condanna di Tramonte certifica finalmente anche il depistaggio del generale Maletti (nel 1974 capo del reparto D del Sid). Ricordo infatti che Maletti (e questo è accertato…) fu informato per tempo delle notizie provenienti da “Tritone”; eppure, il 29 agosto 1974 il capo del controspionaggio affermò davanti al Giudice istruttore di non avere notizie circa la strage. L’ex generale, dunque, ebbe la possibilità di consegnare alla magistratura quel materiale informativo, emerso successivamente solo nei primi anni ’90, che avrebbe indirizzato le indagini da subito sulla “pista veneta”. Insomma, il punto non è solo la condanna di Tramonte, ma affermare che “grazie” ai nostri servizi segreti, le indagini hanno perso almeno vent’anni, disperdendosi in mille rivoli…
Una sentenza importante, dunque, ma che arriva dopo 41 anni…
E’ chiaro che una giustizia che arriva a più di quarant’anni dal fatto in discussione è sempre una giustizia “debole”. Ma va ricordato che questo ritardo non è certo segno di inefficienza, ma bensì frutto dei depistaggi che proprio apparati dello Stato hanno operato nei riguardi delle indagini. Intendo dire che, per una volta, una sentenza ci consente di dire – come accennavo prima – che i colpevoli non sono solo i fascisti di ON e/o singoli elementi del SID, ma chi per troppi anni ha fatto deragliare le indagini dai binari “giusti”. Anche qui, in fondo, Piazza della Loggia è stata conseguenza logica di una strategia già messa in campo per Piazza Fontana. A Milano la tecnica fu più “sfacciata” (cercando di addebitare l’attentato agli anarchici), mentre a Brescia la tecnica fu più sottile e sfumata.
Fermo restando che gli anni trascorsi tra il fatto e la sentenza sono un oggettivo limite, è chiaro che per chi ha lottato per ottenere verità e giustizia (a cominciare dai parenti delle vittime) la giornata di ieri è fondamentale… Il mio pensiero in questo momento va a chi, come Manlio Milani, non s’è mai arreso. Come ho già avuto modo di dire in passato, credo che tutto il Paese abbia un grosso debito di riconoscenza verso Manlio. Non fosse stato per la sua tenacia, probabilmente oggi ci sarebbe ancora chi invita a esplorare piste alternative per la strage di Brescia (come in effetti, persino in tempi recenti, hanno fatto alcuni politici della destra bresciana e Il Giornale. Ma per questi, forse, non c’è speranza…).
Francesco Barilli
Nato nel 1965, è scrittore e mediattivista.
Per BeccoGiallo ha curato gli apparati redazionali di Ilaria Alpi, il prezzo della verità (2007), Dossier Genova G8 (2008), Il delitto Pasolini (2008), Peppino Impastato, un giullare contro la mafia (2009).
Ha contribuito al libro Fausto e Iaio. Trent’anni dopo (Costa & Nolan, 2008). Ha curato con Sergio Sinigaglia La piuma e la montagna (Manifestolibri, 2008). Con Checchino Antonini e Dario Rossi è autore di Scuola Diaz: vergogna di stato (Edizioni Alegre, 2009).
Con Matteo Fenoglio è autore di Piazza Fontana (BeccoGiallo, 2009), Piazza della Loggia Vol. 1 – Non è di maggio e Piazza della Loggia Vol. 2 – In nome del popolo italiano.