10 anni dopo Genova, perché un libro a fumetti su Carlo Giuliani

Esponenti politici che diffondono il panico a poche ore dal vertice, molotov che camminano da sole, sassi che improvvisamente si tingono di sangue, calcinacci che appaiono e scompaiono a deviare proiettili, spranghe di ferro camuffate da manganelli di gomma, gruppi che devastano indisturbati mezza città mentre le forze dell’ordine tengono a bada cittadini con le mani alzate sopra la testa, agenti che lanciano sassi, fotocamere sequestrate a forza di botte, rapporti prefabbricati, tentativi di depistaggio, irruzioni militari chiamate perquisizioni, caserme che diventano lager di tortura.

Questo, più o meno, si chiama “contesto”. Il contesto di Genova durante il G8 del 2001, “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese civile dopo la seconda guerra mondiale”, per dirla con le parole di Amnesty International.

Poi succede che muore un ragazzo. Qualcuno gli ha sparato in mezzo alla fronte.

Giornali e TV sono lesti a confezionare su misura l’abito del cattivo: violento, sovversivo, con precedenti penali, senza fissa dimora, drogato. In fondo è stata immediatamente diffusa una foto (quella della Reuters, presa da dietro, con il teleobiettivo che fa sembrare il ragazzo col passamontagna a un passo dalla jeep, pronto a farla saltare per aria), che rimbalza ossessivamente da un canale all’altro del piccolo schermo.

Ma è davvero possibile ridurre un ragazzo di vent’anni a una singola immagine, quella dell’assassino cattivo che in fondo se l’è andata a cercare? Vale ancora la pena ricostruire – questa volta a fumetti – i più maldestri tentativi di depistaggio sulla sua morte messi in atto fin dalle primissime ore? Soprattutto, chi era davvero Carlo Giuliani?

Abbiamo provato a rispondere a queste domande con l’aiuto dei familiari di Carlo – Haidi, Giuliano e la sorella Elena – e con il lavoro di Francesco Barilli per i disegni di Manuel De Carli.

Secondo noi, era il caso di farlo.

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