carlo giuliani

10 anni dopo l’omicidio di Carlo Giuliani

Colpisce la voce incerta di Fini, a balbettare parole a cui pare per primo non credere.
Colpiscono le grida rabbiose dei manifestanti mentre grondano sangue: madri, padri, vecchi e ragazzi.
La sincerità – vien da pensare – somiglia a un odore pungente: la senti lontano, quando è a un passo dalla menzogna.

È “Del Poder”, il lavoro del regista spagnolo Zaván, a chiudere la serata dedicata ai fatti di Genova, organizzata ad Ivrea dai ragazzi della Galleria del Libro venerdì scorso. Un pugno che spacca lo stomaco: tu te l’aspetti, per carità, in fondo ti hanno chiamato proprio per quello, e ci vai volentieri. Però cerchi di scansarlo lo stesso. Eppure il pugno arriva preciso, a togliere il fiato come un microfono in mano a un ministro: “Credo che le immagini che tutto il mondo ormai conosce dimostrino chiaramente”…

Prima di dire che in fondo i No Global se la sono cercata, guardate – per favore – questo filmato, se avete lo stomaco buono.

Poche ore prima, al centro culturale La Serra, si parla del G8 di Genova, con le tavole de “il ribelle di Genova” in esposizione.
Lorenzo Guadagnucci, che con Vittorio Agnoletto ha scritto “L’eclissi della democrazia” per Feltrinelli, espone i fatti, sobrio e pacato. Mi chiedo quale sia il segreto per diffondere calma e lucidità dopo quello che ti è capitato, dopo quello che ti han fatto alla Diaz.
Con noi – oltre a Gianmario della Galleria a tenere le fila – c’è Michele Dalai di Add Editore. Le domande mirano al cuore, quasi sempre lo centrano, e non c’è modo di nascondersi dietro al microfono di fronte a sessanta persone.
Poi viene il dubbio di essere stati troppo diretti, pesanti, di parte, troppo convinti, in fondo dovevamo solo parlare di libri, no?
Il film di Zaván doveva ancora arrivare.

Il giorno dopo, dentro la fabbrica di Adriano Olivetti, assistiamo allo spettacolo di musica e parole dedicato all’avventura etica e industriale dell’Adriano di Ivrea. È stato messo in piedi da un giovane trio, Le Voci del Tempo, e ci sono più di duecento persone a sentire. Un modo per salutare la città con un filo di rabbia in meno, ma il pugno secco si fa ancora sentire, e in fondo – pensiamo – è giusto così.

Fast forward ad oggi, ed è già mercoledì 20 luglio. 2011. 10 anni fa esatti accadeva quanto Zaván ci ha fatto rivedere. Un ragazzo tra i tanti, Carlo Giuliani, finiva a terra, colpito al volto dal colpo di pistola di un carabiniere. Lo ricordiamo sfogliando ancora il libro di Barilli e De Carli, e proponendovi per la prima volta il booktrailer. È il nostro piccolo contributo alla sua memoria:

L’accompagnamento musicale del booktrailer è firmato dagli amici della Piccola Bottega Baltazar.

Carlo Giuliani, intervista agli autori

Dopo aver raccontato la settimana scorsa i motivi che ci hanno spinti, come editori, alla scelta di pubblicare un libro a fumetti su Carlo Giuliani (segnaliamo a proposito anche l’intervista a Guido Ostanel nello Speciale Blow Book di Radio Sherwood), è tempo di passare la palla agli autori.

Abbiamo pensato di rivolgere qualche domanda a Francesco Barilli e Manuel De Carli per fare in modo che possano raccontarvi il loro punto di vista e l’approccio che hanno voluto tenere nei confronti di una vicenda così delicata.

Sono passati 10 anni da quel G8 di Genova. Come avete vissuto e cosa ricordate di quei giorni?

Francesco Barilli: Genova è stata uno spartiacque nella vita di molti. Lo è stata anche per me, nonostante fossi assente nel luglio 2001. Un’assenza non dovuta a una presa di distanza ideologica, ma non nascondo che a tenermi lontano non furono solo questioni familiari (pure presenti: due figli piccoli, l’ultima di pochi mesi, non erano certo un incentivo ad andare). In quel periodo avevo, se non abbandonato, almeno accantonato l’impegno politico. Guardavo con simpatia al “movimento dei movimenti”, ma a 35 anni mi ero “ritirato nel mio privato”, delegando ad altri battaglie che pure condividevo.
Tutto questo non lo dico con vanto, anzi: mi sento ancora in colpa se penso a quel “ritiro”. Un po’ perché protestare non è solo un diritto, ma in certi momenti è un dovere, cui non ci si può sottrarre se non assumendo su se stessi colpe e conseguenze. Un po’ perché la mia generazione è quella del riflusso, su cui pesa la colpa d’aver affossato, nel migliore dei casi per colpevole apatia, molte conquiste precedenti, molte speranze che proprio il popolo di Genova provò a riaccendere.

Manuel De Carli: A Genova io non c’ero. Ricordo però il caldo di quell’estate, ricordo di aver chiamato degli amici che erano là e di essermi poi attaccato spasmodicamente alla tv, alla radio, ma soprattutto a internet per cercare quante più notizie possibili su quei fatti appena accaduti. Ricordo le immagini in tv, si vedeva il fumo dei lacrimogeni, si sentivano i rumori, le sirene, poi il sangue… Sui volti, per terra, dappertutto. E l’omicidio.
Ricordo la Diaz. Ricordo una notte di aver visto Fuoriorario su Raitre, mi sembra girato dallo stesso Enrico Ghezzi: un lungo piano-sequenza sulle devastazioni, girato lungo una via di cui non conosco il nome. Ad un certo punto compare in lontananza una mezza forma di mortadella in mezzo alla strada, sudata sull’asfalto bollente… La ripresa, una volta raggiunta, si ferma e insiste sul suo aspetto. Viene chiamata anche “il prosciutto dei poveri”.

FB: Poco dopo quei fatti fu un mio caro amico a chiedermi di scrivere per Ecomancina, sito internet di informazione alternativa da lui creato. Accettai subito: per me era un’esigenza più che una possibilità.
Parafrasando Che Guevara, si trattava di recuperare la capacità di indignarmi di fronte alle ingiustizie, tornando a sentire che nessuno può ritenersi escluso dalle responsabilità dell’agire concreto.
Come scrittore e mediattivista “nasco” dunque proprio con i giorni del G8 genovese. Il resto (il coordinamento di Reti-Invisibili, i libri sulla Diaz o Piazza Fontana, fino a questo su Carlo) sono stati una logica conseguenza di quell’impegno.
Non ero a Genova nel 2001, ma non ho più saltato una ricorrenza del luglio genovese dal 2002 in poi…

Perché un libro su Carlo Giuliani oggi?

FB: Dal 2001 a oggi i fatti di Genova si sono arricchiti di molti particolari, sia sui media (più su quelli alternativi che sui principali) sia nelle aule processuali, ricostruendo quella che secondo Amnesty International è stata “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”. Un lavoro imponente che ha riguardato le violenze delle forze dell’ordine: quelle “di strada” e quelle avvenute in contesti diversi, le torture nella Caserma di Bolzaneto o la “notte cilena” alla scuola Diaz.
Purtroppo, come accenna Giuliano nel libro, solo un fatto è rimasto fuori dall’aula di un tribunale: l’omicidio di Carlo. Per tale motivo abbiamo voluto “isolarlo” in questo lavoro, unendo alla ricostruzione dell’evento (e dei lati oscuri che avrebbero dovuto trovare una risposta in un processo) il ricordo di Carlo come persona.

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10 anni dopo Genova, perché un libro a fumetti su Carlo Giuliani

Esponenti politici che diffondono il panico a poche ore dal vertice, molotov che camminano da sole, sassi che improvvisamente si tingono di sangue, calcinacci che appaiono e scompaiono a deviare proiettili, spranghe di ferro camuffate da manganelli di gomma, gruppi che devastano indisturbati mezza città mentre le forze dell’ordine tengono a bada cittadini con le mani alzate sopra la testa, agenti che lanciano sassi, fotocamere sequestrate a forza di botte, rapporti prefabbricati, tentativi di depistaggio, irruzioni militari chiamate perquisizioni, caserme che diventano lager di tortura.

Questo, più o meno, si chiama “contesto”. Il contesto di Genova durante il G8 del 2001, “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese civile dopo la seconda guerra mondiale”, per dirla con le parole di Amnesty International.

Poi succede che muore un ragazzo. Qualcuno gli ha sparato in mezzo alla fronte.

Giornali e TV sono lesti a confezionare su misura l’abito del cattivo: violento, sovversivo, con precedenti penali, senza fissa dimora, drogato. In fondo è stata immediatamente diffusa una foto (quella della Reuters, presa da dietro, con il teleobiettivo che fa sembrare il ragazzo col passamontagna a un passo dalla jeep, pronto a farla saltare per aria), che rimbalza ossessivamente da un canale all’altro del piccolo schermo.

Ma è davvero possibile ridurre un ragazzo di vent’anni a una singola immagine, quella dell’assassino cattivo che in fondo se l’è andata a cercare? Vale ancora la pena ricostruire – questa volta a fumetti – i più maldestri tentativi di depistaggio sulla sua morte messi in atto fin dalle primissime ore? Soprattutto, chi era davvero Carlo Giuliani?

Abbiamo provato a rispondere a queste domande con l’aiuto dei familiari di Carlo – Haidi, Giuliano e la sorella Elena – e con il lavoro di Francesco Barilli per i disegni di Manuel De Carli.

Secondo noi, era il caso di farlo.