Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso hanno molto da dire sulla mafia. E l’hanno già detto in molti modi. Quello che forse ancora mancava era un libro per spiegare la mafia ai bambini (ma non solo). Rimedieranno tra pochi giorni con “L’invasione degli scarafaggi“, un’ottima occasione anche per far loro qualche domanda e provare a capirne di più.
> Come nasce l’idea di spiegare la mafia ai bambini?
MR – In realtà, con i miei libri precedenti, ho avuto diverse occasioni di confronto con ragazzi di tutte le età. Peppino Impastato è stato un successo trasversale, letto nelle scuole elementari come nelle medie o nelle università. Abbiamo incontrato bambini e ragazzini e provato a raccontare quei personaggi che combattevano mafia e malaffare. Con L’invasione degli scarafaggi abbiamo voluto metterci alla prova, lavorando sul linguaggio e sulle metafore. Abbiamo voluto scrivere una fiaba (come tutte le fiabe adatta ai lettori di tutte le età) che spiegasse cosa è quella mafia combattuta da Impastato, Rostagno e tanti (per fortuna) altri. Per una volta, senza paternalismi, per carità, abbiamo provato a chiamare come interlocutori quei bambini a cui non ci siamo mai rivolti direttamente.
LB – Fino ad ora avevamo sempre raccontato a fumetti storie con un taglio più maturo, più adulto. Adesso sentivamo l’esigenza di di lanciarci in un’esperienza che potesse permetterci di usare l’illustrazione per bambini, un mezzo differente rispetto al fumetto. Inoltre sentivamo la responsabilità di continuare quell’opera di divulgazione e consapevolezza che abbiamo spesso portato nelle scuole primarie, ed andare a raccontare una storia direttamente ai bambini. Sono loro la chiave di volta per una vera evoluzione sociale…
> Quali scelte avete effettuato a livello di sceneggiatura e grafica per rendere il racconto efficace e coinvolgente?
MR – Non ho preparato una vera e propria sceneggiatura: L’invasione degli scarafaggi è un libro illustrato con degli “innesti” di fumetto. Quindi ho scritto un racconto, e passo passo intervenivo sul testo estrapolando le scene più significative. Poi le ho descritte, inserendole nel racconto e passando il tutto a Lelio. Ho giocato con le metafore. Al di là della presenza di animali antropomorfi (a parte il caso degli scarafaggi è solo un vezzo artistico) mettiamo in parallelo la mafiosità quotidiana di un microcosmo come una scuola, con bullo e vittime, con quella di un piccolo centro, che potrebbe essere dovunque e in qualunque tempo, sottomesso da boss e criminali.
LB – Per quanto mi riguarda il poter raccontare a colori in maniera tradizionale (acquerello e matita colorata) è stato catartico. Il colore, la tinta calda che ho usato, diventa “accogliente e coinvolgente”, una specie di mondo edulcorato in cui non ti immagineresti mai di trovare un mafioso… più o meno la stessa sensazione che provi nell’incontrare una persona del genere nella vita di tutti i giorni. Una sensazione spiazzante. Inoltre ho potuto sperimentare, anche grazie a Marco, delle trovate narrative interessanti, che delineassero marcatamente i personaggi e gli ambienti. Ogni figura vive la sua vita indipendentemente dal contesto, ritrovandosi poi improvvisamente al centro della scena. Marco è bravo nel dare consistenza a ciò che scrive, riesce ad entrare nella storia e farti immediatamente visualizzare la scena, in maniera sintetica, funzionale ed emotiva.
> Se doveste spiegare la mafia ai bambini non in un libro ma in una riga… cosa direste?
MR – Ti cito Mauro Rostagno, laconico ma efficace: “La mafia è il contrario della libertà”.
LB – La mafia è quella cosa che non vi permetterà mai di realizzare i vostri sogni. È una macchina mangia-sogni. Non permettetegli mai di esserlo con voi.
> Con gli adulti invece abbiamo perso le speranze o vedete segnali positivi? Come vivete la situazione siciliana recente?
MR – Quante cartelle ho? Alla caravana antimafia di Libera Trapani, ieri, Salvatore Inguì, responsabile di Libera Marsala ha detto: “Siamo più di dieci, quindici anni fa”. Già questa è una piccola vittoria. Al di là delle riproposizioni retoriche e dovute, l’antimafia con tutto il suo corollario esiste ed è viva. Forse, volendo essere pessimisti, è una minoranza: i siciliani hanno preferito tre volte su tre un Presidente di Regione poi finito indagato e in un caso arrestato per mafia (due volte Cuffaro, poi Lombardo). La cronaca è piena di casi di voti di scambio, appalti truccati, prebende elettorali, manovrine ad alti e bassi livelli. Eppure c’è chi lotta: insegnanti, poliziotti, parroci, giornalisti, magistrati, imprenditori onesti. Che sia una minoranza o meno, è da qui che bisogna cominciare.
LB – Inutile mettere a fuoco solo il lato negativo e pessimistico delle situazioni. Ovviamente nemmeno negare la mafia, e soprattutto la mafiosità sarebbe una buona scelta, anzi sarebbe nefasto. Credo che in tutte le situazioni difficili, si manifestino le persone più valide, o meglio il nostro lato migliore, ignoto a volte a noi stessi, e sappiamo benissimo che la cura sta sempre nella piaga, è un fondamentale momento di consapevolezza dunque. È l’esperienza che ti forgia.
Credo comunque che, alla radice di tutto, ciò che alimenta il “sistema” è un profondo egoismo, menefreghismo e in generale una banale superficialità. Ecco perché le mafie trovano terreno fertile ovunque, da nord a sud. È la gente che rende la mafia importante, altrimenti nemmeno ne parleremmo, e di contro, non esisterebbe nemmeno questo libro.
Dobbiamo fare appello alle qualità determinanti del nostro essere umani, sensibilità, intelligenza e solidarietà. Se capiremo questo, tutto verrà da sé, inevitabilmente.
Pessimista? Direi di no, mi guardo dentro e mi chiedo cosa posso cambiare io intanto. Questo mi rende anzi profondamente ottimista, siciliano nel senso più autentico.