turchia
SNAPSHOTS OF A GIRL /7 BY BELDAN SEZEN
Ancora ciao, BecchiGialli,
è da un po’ che non ci si sente! Come state? Com’è la vita in Italia un anno dopo Berlusconi?
Recentemente sono stata a Istanbul, per parlare con mia zia a dieci anni dal mio coming out con lei. Con l’età è diventata sempre più religiosa, collezionando ormai tre pellegrinaggi a La Mecca. Mi ricordo quanto ero nervosa nel momento di rivelarle che il mio amore è per le donne, e che quindi non sarei mai stata parte di quel fortissimo concetto di matrimonio e famiglia che lei rappresenta con tanta eloquenza e determinazione. Ma ancora una volta, come allora, mia zia ha detto che Allah ha creato anche me e quelli come me, e che la società turca dovrebbe accettare l’esistenza dei gay. Dopotutto per un certo periodo ha vissuto vicino a Zeki Müren, quindi “sa bene certe cose”. E io ho sorriso, ricordando anche il sollievo di quella prima conversazione.
Mi ricordo di Zeki Müren in TV, quando ero piccola. Di come entrasse sul palco con tacchi alti e abiti in stile esageratamente anni Settanta. Lui, uno dei più amati e rispettati rappresentanti della musica tradizionale turca, perfetto esempio di pronuncia perfetta della nostra lingua, è stato censurato numerose volte dalla televisione nazionale (TRT) per le sue scelte a livello di vestiario. Mio zio, che lavorava per la TRT (unico canale disponibile all’epoca), spesso a cena ci raccontava delle storie su di lui, e le risposte andavano dal “Cosa ci puoi fare, è fatto così” allo “Sta proprio esagerando”, frasi pronunciate rispettivamente con compassione e con un pizzico di fastidio. Il fatto che fosse gay non era un gran problema. Il fatto che non rispettasse i canoni comuni della società sì.
L’autunno ormai è arrivato con il suo tempo piovoso e tempestoso. Statemi bene, ci rileggiamo il mese prossimo!
SNAPSHOTS OF A GIRL /6 BY BELDAN SEZEN
Ciao cari BecchiGialli!
Questo mese è stato parecchio impegnativo con una bella serie di progetti e commissioni utili per portare a casa qualche soldo. Provo comunque a spendere una decina di minuti al giorno sul libro, cosa che mi da decisamente più soddisfazione rispetto al non lavorarci affatto. Anche se sono “solo” 10 minuti. L’altro giorno John Irving diceva che per i suoi libri comincia sempre dalla fine, e poi scrive il resto. Bene, proprio quello che volevo sentire (autodidatta… prendo e imparo quello che arriva) perché non sono soddisfatta proprio delle parti finali un po’ confuse, che indeboliscono un po’ tutto il lavoro, pur trattandosi di un’autobiografia. Quindi mi sono focalizzata sull’outro, in pratica sul cosa comunicare… costruendo poi da lì la struttura fino al prossimo momento in cui potrò mettermi a disegnare con calma. Non vedo l’ora che arrivi quel momento.
Ma per ora lasciatemi dire qualcosa sul capitolo a cui sto lavorando, “Coming out to my father”. Sono stata in qualche modo fortunata a trovarmi dei genitori che nonostante le loro scelte di vita e le difficoltà ad accettare le mie, hanno fatto del loro meglio e alla fine mi hanno dato il loro appoggio. Per quanto sia stato difficile mettere da parte le loro convenzioni e aspettative sulla mia vita, non hanno mai dimenticato il loro amore per me, mettendo davanti a tutto la mia felicità. L’esatto opposto della recente ondata di crimini, cosiddetti “d’onore”, che vedono le famiglie turche abbandonarsi alle convenzioni, e piuttosto che cedere preferiscono uccidere il loro figlio gay o transgender. La paura di perdere quel qualcosa che chiamano “onore” gli sembra più importante della vita del loro stesso figlio: qualcosa che non riuscirò mai a capire.